Pesaro: visita al Museo e Biblioteca Oliveriani

Il cuore della storia pesarese si trova all’interno del Museo Archeologico Oliveriano riaperto al pubblico il 13 dicembre 2022 nel nuovo allestimento interamente rinnovato. Una tappa importante che restituisce a Pesaro Capitale Italiana della Cultura 2024 uno dei suoi luoghi della cultura più significativi.

Gestito dalla Fondazione Ente Olivieri, il museo ha sede al piano terreno di Palazzo Almerici a Pesaro. Questo edificio del XVII secolo si trova nel cuore del centro della città e nasce dal lascito testamentario di Annibale degli Abbati Oliveri (1708-1789), geniale erudito settecentesco che dona a Pesaro e ai suoi concittadini il suo ingente patrimonio bibliotecario, documentario e archeologico.

In occasione dell’evento Notturni Oliveriani, contestualmente al progetto Grand Tour Cultura Marche, abbiamo avuto l’opportunità di visitare eccezionalmente di notte il museo e la biblioteca Olivieriani di Pesaro.

Il Museo Archeologico Oliveriano

Il fondatore Annibale Olivieri era uno studioso, ricercatore, appassionato di varie discipline, e collezionista. Per sua volontà testamentaria in questo museo sono raccolte le testimonianze dei secoli più lontani, dai più antichi risalenti al VIII a.C. circa, a quelli paleocristiani del III/IV d.C.

La prima stanza del museo archeologico Oliveriano, rappresenta una sorta di indice, che anticipa i temi delle sezioni esposte nelle sale successive.

Un quadro raffigura il Lucus Pisaurensis, scoperto nel 1737 da Olivieri nelle vicinanze di Santa Veneranda. Si tratta di un lucus, ossia un bosco sacro romano, nel quale gli abitanti in antichità andavano a pregare. Tra gli oggetti rinvenuti, scavando in un terreno di sua proprietà in cui stava svolgendo dei lavori, figurano altari e cippi su cui pregavano probabilmente le matrone del III secolo a.C., e degli ex voto, raffiguranti parti corporee, tra cui anche uteri, verosimilmente in auspicio alla fertilità. 

Un disco in pietra che potrebbe magari ad un primo sguardo sembrare un oggetto anonimo, riveste in realtà una certa importanza; si tratta di un “anemoscopio” (II sec d.C., provenienza romana) che rappresenta la rosa dei venti, e ne rileva la direzione. L’osservazione della natura era però, per così dire, estesa anche agli astri, poiché reca sovrapposte anche le costellazioni.

Anemoscopio – II sec d.C., provenienza romana

Olivieri era particolarmente affezionato a questo oggetto regalatogli da un collaboratore, tanto da richiedere espressamente nel testamento che venisse posto nella prima sala.

In questo nuovo allestimento museale riceve proprio tale collocazione, in ossequio alle sue volontà.

La necropoli di Novilara

La seconda sala è incentrata sui ritrovamenti alla necropoli di Novilara, che venne scoperta intorno al 1892. Costituita da centinaia di tombe, alcune di queste sono state traslate in teche all’interno del museo archeologico, osservabili esattamente come erano in antichità.

Reperti rinvenuti nella necropoli di Novilara

Si ricorreva all’apposizione di una stele affinché potessero essere riconoscibili; fa un certo effetto vedere il grosso coperchio nero straordinariamente conservato nel corso dei millenni, il legno si è fossilizzato.

I corpi venivano deposti per inumazione, cioè rannicchiati, probabilmente avvolti in dei sudari; erano accompagnati da oggetti (esposti a parte nelle vetrine) che per loro ricoprivano un significato in vita. Oltre che dal corredo funebre, anche dai resti del defunto è possibile ricavare informazioni sulla vita del periodo; ad esempio sesso, corporatura, età, presenza di patologie o di avvenute guarigioni, eventuali malnutrizioni, ferite o traumi. 

Le suddivisioni sono di immediata deduzione: nelle sepolture maschili ci sono armi, rasoi ed oggetti legati in particolar modo all’attività di combattimento; nei corredi femminili si notano rocchetti ed oggetti di filatura e tessitura; ed infine le sepolture di bambini, in un’epoca in cui solo quelli di alto rango riuscivano ad averne diritto.

Non tutti gli oggetti sono di provenienza locale, a conferma del fatto che i Piceni intessevano rapporti commerciali con altri popoli.

La Pesaro paleocristiana

La terza sala espone reperti di secoli successivi; in particolare si notano i rinvenimenti di via Barignani, dove i signori Barignani all’inizio del 1500 avevano iniziato a costruire il loro palazzo.

Ne scoprirono di svariati, tra cui il famoso Idolino (una statua che si può vedere in copia in biglietteria), ed un Eros, affettuosamente soprannominato “Amorino”.

Della domus spiccano anche alcuni frammenti di mosaici, probabilmente termali; se di provenienza privata indicherebbero un certo benessere economico di chi la possedeva.

Il contesto è dunque quello del periodo romano; si stima che la fondazione della colonia di Pisaurum risalga al 184 a.C.

Nell’area adiacente della sala, si passa alla Pesaro pubblica, la città dei mestieri, quella che concerne il commercio. Di particolar pregio una tavola in bronzo, della corporazione dei fabbri, in cui si celebra l’assegnazione di un lavoro.

Sarcofagi, urne e frammenti legati alla liturgia delle sepolture mostrano un ambito differente dalla più antica ambientazione della sala precedente, nei simboli e nella fattura si nota infatti una fase di transizione tra paganesimo e cristianesimo.

Collezioni Olivieri e Passeri

Giungiamo infine alle collezioni di Olivieri e Passeri, importanti sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Giovan Battista Passeri era un caro amico di studi di Olivieri, ed a sua volta collezionista.

Collezione Olivieri e Passeri

La divisione nelle vetrine non racconta singolarmente la collezione di uno o dell’altro, poichè nel tempo si sono mescolate, ma lo fa per tipologia: oggetti ceramici, ed in bronzo.

Sono di varia provenienza, alcuni ci hanno colpito per la loro fattura, altri per la somiglianza a raffigurazioni osservate anche in culture piuttosto distanti, ad esempio alcuni ci hanno addirittura ricordato oggetti che abbiamo visto in oriente.   

La Biblioteca Oliveriana

Una menzione particolare va poi a quanto lasciato alla Biblioteca Oliveriana. Olivieri non aveva eredi, oltre agli antichi reperti e ad un fondo, donò alla sua città natale la propria libreria, costituita da migliaia di opere sia a stampa che manoscritte, e di circa duemila pergamene.

Altri lasciti l’hanno poi ulteriormente arricchita nel tempo, rendendola una delle principali biblioteche delle Marche.

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