I luoghi di Dante nelle Marche

Seguiamo i passi di Dante Alighieri nelle Marche nel viaggio che dall’Inferno lo ha portato fino al Paradiso e che ha lasciato impronte indelebili sul suolo marchigiano grazie ai suoi versi immortali capaci di farci sentire vicini perché uniti da un’unica grande e meravigliosa storia che lega tanti diversi territori attraverso l’opera “madre” della letteratura italiana.

Attraverseremo quindi insieme al Sommo Poeta i tre libri della Divina Commedia, toccando altrettanti luoghi da lui citati nella regione Marche. Mettiamoci in viaggio alla scoperta di alcuni fra i luoghi di Dante nelle Marche. 

Inferno: Gradara – Rocca di Gradara, la storia di Paolo e Francesca

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte. 

La prima tappa del nostro viaggio ci porta a Gradara, luogo che fa da scenario ad alcuni dei versi più famosi di tutta la letteratura italiana. Cantate, suonate, dipinte, scolpite… queste parole immortali sono per noi, da sempre, simbolo di un grande amore infelice, di una passione che infiammava e continua a infiammare tutti gli innamorati del mondo.

Castello di Gradara. Foto di Giacomo Baldoni

La storia è ben conosciuta: Francesca da Rimini va in sposa a Gianciotto Malatesta ma si innamora di suo fratello, Paolo, e in un momento in cui, da soli, stavano leggendo la storia di Lancillotto, si accorgono di amarsi e cedono, solo per un attimo, alla lussuria, peccato per il quale Dante li colloca nel V Canto dell’Inferno. La loro fine è segnata, Gianciotto li scopre e li uccide. Per contrappasso, Dante li immagina girare vorticosamente in eterno senza mai potersi incontrare. 

I camminamenti di ronda. Foto da #gradaraphotowalk

Il luogo meraviglioso dove i due amanti suggellano il loro amore è la Rocca di Gradara, uno dei castelli medievali meglio conservati d’Italia, al confine nord della regione Marche, in una posizione spettacolare ai piedi del Parco San Bartolo. Dalla cima delle mura e dai camminamenti di ronda, accessibili al pubblico, è possibile godere di una vista panoramica a 360° sul territorio circostante: dalle colline sinuose fino agli appennini e attraverso tutto il litorale costiero.

La Stanza di Francesca. Foto da #gradaraphotowalk

Una visita al Castello non può non includere la stanza di Francesca con la famosa botola da cui Gianciotto riuscì a cogliere sul fatto gli innamorati e a ucciderli. Pur condannandoli e riconoscendone le colpe, il Poeta è con loro solidale e ne accoglie il dolore tanto che il V Canto si conclude con lo stesso Dante che sviene dalla commozione provocata dal loro racconto: “E caddi come corpo morto cade.”

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Purgatorio: Fano – La storia di Jacopo del Cassero 

Ond’ io, che solo innanzi a li altri parlo, 
ti priego, se mai vedi quel paese
che siede tra Romagna e quel di Carlo,
che tu mi sie di tuoi prieghi cortese
in Fano, sí che ben per me s’adori
pur ch’i’possa purgar le gravi offese

Giunti insieme a Dante in Purgatorio, ci troviamo probabilmente dinanzi a una delle prime letture storico-geografiche della regione Marche: “quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo”, la Romagna e il regno di Carlo II D’Angiò. L’indicazione geografica è usata da Dante per introdurre il personaggio di Jacopo del Cassero, condottiero e magistrato fanese che venne ucciso in un’imboscata mentre si stava recando a Milano, dove sarebbe dovuto diventare podestà. Dante incontra Jacopo in Purgatorio e si fa portavoce delle sue parole, mosso a pietà dalla sfortuna che lo colse, affinché la sua famiglia possa pregare per lui e abbreviare il tempo di passaggio in Paradiso.

L’Arco di Augusto sotto il cielo stellato di Fano. Foto di Massimo Morreale

È curioso come il personaggio di Jacopo sia legato alla “fortuna”, idea che non appare mai nella Divina Commedia e concetto non particolarmente legato a Dante.
Curioso perché Fano, la città del condottiero, è conosciuta come Fanum Fortunae, la “Città della Fortuna”, anticamente chiamata così dai Romani di cui era una colonia importante e molto sviluppata. Il percorso Romano in città è ricco di incredibili reperti come l’Arco d’Augusto, principale porta di accesso della centro, costruito sul punto in cui la Via Flaminia si innesta nel Decumano Massimo. Notevoli anche le mura romane che sono seconde per lunghezza solo a quelle di Roma.

Il Pincio di Fano. Foto di Marco Giannotta

A Fano è anche legato il personaggio di Vitruvio, autore del De Architectura, che sembra aver progettato la sua famosa Basilica proprio qui. Ma Fano non è solo una città d’arte e di cultura ma anche una vivace cittadina costiera delle Marche, con un’anima marinara dalle antiche tradizioni. 

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Paradiso: Serra Sant’Abbondio – Eremo di Santa Croce di Fonte Avellana

Tra duo liti d’Italia surgon sassi,
E non molto distanti alla tua patria,
Tanto che i tuoni assai suonan più bassi:
E fanno un gibbo che si chiama Catria,
Di sotto al quale è consecrato un ermo,
Che suol esser disposto a sola làtria. ”

Dante è giunto all’ultima tappa del suo viaggio e, asceso al cielo di Saturno, accompagnato da Beatrice, si trova di fonte una lunga scala dorata dalla quale discendono, luminose, le solitarie anime del Paradiso in contemplazione. Una di loro si ferma a parlare con Dante: si tratta di San Pier Damiani il quale inizia il suo racconto indicando al Poeta la sua vita di preghiera all’interno dell’Eremo di Fonte Avellana, incastonato ai piedi del Monte Catria.

L’Eremo di Fonte Avellana innevato. Foto di Massimo Radi

La storia dell’Eremo è millenaria. Fondato alla fine del primo millennio, il complesso architettonico ha subito nel tempo numerosi cambiamenti; un periodo di grande prosperità, fino agli inizi del 1300, durante il quale divenne un importante centro culturale monastico, anche grazie all’impronta data da Pier Damiani all’inizio dell’anno mille. A questa fortuna seguì un periodo di decadenza della vita monastica che coincise con il soggiorno di Dante a Fonte Avellana, che avvenne presumibilmente intorno al 1312. Da monastero, poi, divenne eremo e subì nei secoli numerose trasformazioni che però non ne hanno intaccato la bellezza. Questo luogo di preghiera, di pace e di cultura è ora aperto al pubblico e il complesso può essere visitato sia al suo interno sia al suo esterno, incluso lo splendido orto botanico, un tempo riservato esclusivamente ai monaci.

L’Eremo di Fonte Avellana fra la vegetazione del Monte Catria. Foto di Giorgia Barchi

Fra le aree più belle del complesso architettonico, ricordiamo la “Stanza di Dante” ove si pensa che il Sommo Poeta soggiornò durante il suo viaggio e lo scriptorium, una meravigliosa stanza comune utilizzata dai monaci per scrivere volumi e copiare codici, costruita secondo la proporzione di bellezza dei Greci e inondata di luce durante tutto il giorno per permettere ai monaci di lavorare.

I dintorni del Monte Catria e i suoi sentieri nella natura incontaminata. Foto di Massimo Radi

I dintorni dell’Eremo rispecchiano quella serenità che si può ammirare all’interno di Fonte Avellana: la natura circostante si apre al visitatore per accompagnarlo attraverso sentieri nascosti che si affacciano sulla vegetazione del Monte Catria. A poca distanza dall’Eremo, una lastra di pietra ci invita a rivolgere verso Fonte Avellana la nostra voce per sentir riecheggiare attraverso l’eco i versi del Sommo Poeta che hanno reso immortale il Monte Catria, questo luogo ameno e tutte le Marche.   

Scopri di più sui dintorni di Fonte Avellana e i sentieri del Monte Catia

Info utili

  • Ogni 25 marzo si festeggia la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, il Dantedì. Ricorrenza che coincide, a detta degli studiosi, con l’inizio del viaggio nell’aldilà che il Sommo Poeta racconta nella sua “Commedia”. Eh sì, perché forse non tutti sanno che inizialmente il nome dato da Dante fu proprio questo. L’aggettivo “Divina” gli venne attribuito da Boccaccio e iniziato a utilizzare comunemente solo nel tardo Rinascimento.  

In copertina: elaborazione grafica a cura del SMT su foto di Massimo Morreale e Tommaso Cimarelli.

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