Alla scoperta del Monte dell’Ascensione

Una scalinata di pietra che sale verso il cielo, una piramide, un profilo – quello di Dante o di Cecco d’Ascoli – con la bocca il naso e la fronte, oppure ancora, una grande mano con le cinque dita aperte come fosse un gigante che viene a strapparti via con tutta la terra sulla quale tieni i piedi.

È la particolarità del Monte dell’Ascensione, quella di riuscire a cambiare continuamente forma con il punto da dove lo si osserva. Aspro, quasi ostile se lo si guarda da Ascoli Piceno, diventa allungato e rigoglioso di boschi dalla parte opposta, mentre lo si avvicina da mare; comunque sempre riconoscibile, proteso com’è con i suoi millecentodieci metri di altitudine, in mezzo alle colline del Piceno.

Monte dell'Ascensione Foto © Dino Micozzi

Monte dell’Ascensione Foto © Dino Micozzi

Monte Nero: il suo antico nome

Mutevole nella forma, mutevole nel nome attraverso i secoli: Monte Nero il nome più antico che è giunto fino a noi. Nero come i suoi boschi forse, così fitti di faggi lecci e castagni da non lasciare entrare la luce, o più probabilmente per via della parola greca “nerèin” che significa acqua, e la sua pancia ne è davvero ricca tanto da dare origine a diversi torrenti.

Monte dell'Ascensione  Foto © Tullio Pericoli da sito ufficiale http://tulliopericoli.com/

Monte dell’Ascensione Foto © Alessandro Galloppa

La leggenda di Polisia

E questo rimase il suo nome, finché venne il giorno in cui Polisia, figlia del prefetto romano Polimio, non ebbe l’ardire di convertirsi al culto nascente del Cristianesimo. Leggenda narra che inseguita dai soldati inviati dal padre, corse verso il monte che miracolosamente si aprì accogliendola nel suo ventre. Ancora oggi è viva nei dintorni la credenza secondo cui si può ascoltare il rumore di Polisia che sta lavorando al suo telaio tutto fatto d’oro, come d’oro è la chioccia e i pulcini che ruzzolano ai suoi piedi.

Da allora verrà chiamato Polesio, conservando impresso nel nome il passaggio dal paganesimo al Cristianesimo poiché nelle sue viscere miracolose si è consumata la metamorfosi di una donna pagana in una santa.

Cambia il nome ma non la sua capacità di catalizzare culti e spinte mistiche. Su tutte la vicenda di Meco del Sacco che proprio alle sue pendici nel XIV sec. fondò gli eremi poi giudicati eretici da un clero preoccupato dell’incredibile partecipazione popolare che avevano suscitato.

Su questo monte si possono ridurre in macerie gli eremi, così come accadde per templi e culti antichi, ma non sradicare completamente tante piccole pratiche popolari che amano mantenere i legami con il paganesimo lontano: ancora oggi, che con ascendenza tutta cattolica è divenuto il Monte dell’Ascensione, durante le processioni al monte a qualche anziano piace gettare un sasso nella voragine che ha inghiottito Polisia esprimendo un desiderio.

O ancora, sul davanzale della finestra che dà verso il monte, c’è chi, a sera, appoggia un bicchiere d’acqua in cui è stato fatto cadere albume d’uovo: la mattina successiva saranno le forme che ha preso l’albume a suggerire gli eventi futuri. Una vela parlerà di un viaggio lontano, una figura femminile che ricorda la Madonna potrà far sperare in un evento benigno o miracoloso.

Natura ancora intatta a tratti selvaggia, leggende, memorie antiche, culti e pratiche magiche. Più ci si avvicina a questo monte più si avverte la sua capacità di attrarre e tenere legati a sé elementi che in tanti altri luoghi sono andati perduti. Tutto è ancora in divenire, certo. Forse si fonde e si riforgia, ma nulla si perde. Perché questo monte è luogo primordiale. Estremità di un cordone ombelicale, capace di imprimersi nell’immaginario oscillando tra l’essere meta e l’essere origine.

L'opera di Tullio Pericoli

L’opera di “L’isola di R., 1984” Tullio Pericoli dal sito ufficiale dell’artista http://tulliopericoli.com/

Il Monte Ascensione nelle pennellate di Tullio Pericoli

Ne sa qualcosa Tullio Pericoli, celebre pittore e disegnatore originario di Colli del Tronto, cittadina poco lontana dall’Ascensione. Parlando delle sue illustrazioni per un’edizione del famoso romanzo di Daniel Defoe, non fece certo mistero dell’origine della sua ispirazione:

“Nel concepire l’Isola di Robinson Crusoe, al centro di una natura primordiale misi una montagna e, solo dopo aver terminato l’opera, mi accorsi della somiglianza col Monte dell’Ascensione”.

Per stessa ammissione di Pericoli il paesaggio piceno ha cominciato a comparire nelle sue opere durante la permanenza a Milano “città dai colori e dalle forme poco amichevoli”. Nostalgia verrebbe da dire, ma il paesaggio

“è la prima cosa che si percepisce quando siamo ancora nel ventre materno, con le luci e i rumori. Appena apriamo gli occhi al mondo vediamo la luce del volto di nostra madre e quella del paesaggio che ci circonda. Un grande insieme di suoni, visioni, odori e sapori che si mantengono nella memoria”

diventando una traccia, un solco inciso nei cromosomi. Così per l’artista marchigiano, costretto nella metropoli ed orfano dell’Eden, è diventata quasi una costante rievocare nei suoi disegni quelle dolci colline colorate e rasserenanti, disegnate dalle linee geometriche, esatte e razionali, dei filari delle vigne e dei campi arati.

Il Monte dell'Ascensione Foto © Alessandro Galloppa

Il Monte dell’Ascensione Foto © Alessandro Galloppa

Quelle colline che a guardarle nel loro andare fino all’Adriatico, sembrano quasi le onde di un mare placido. Tranquillo, finché non è rotto da un’onda improvvisa, più violenta delle altre, alta e rabbiosa. Compare così infatti, il Monte dell’Ascensione, con i suoi profili liquidi e molteplici, con le sue rupi che ricordano la cresta dei flutti, con i burroni e le grotte abissali, con i suoi calanchi splendidi e tormentati.

Appare rompendo l’andare del fondovalle in una scarica improvvisa, un grido, un’eco dei primordi che spezza le sinusoidi regolari dei colli, le linee dei filari e delle arature, la punteggiatura dei borghi. Così è comparso milioni di anni fa, in modo relativamente improvviso, quando la spinta tettonica ha innalzato quelli che erano i sedimenti lasciati da fiumi antichi.

Il vuoto era divenuto pieno, dove erano le foci ora c’è il monte. E il monte alzandosi si è lasciato modellare dai processi naturali, e si lascia modellare ancora dall’occhio umano che lo scruta e ne coglie le tante metamorfosi con la vivacità dell’immaginazione.

Così compare, improvviso e primordiale, nel mare interiore. Per scoprirne il motivo non resta che tentare di andare a ritroso, rielencando i suoi tanti nomi e ripensando le sue tante forme, andando e riandando sui suoi sentieri finché alla fine del cammino, magari sul margine della sua cresta più alta, non si scoprirà che se siamo venuti fin quassù è perché, in un altro tempo o in un’altra forma, ci eravamo già stati.

La strada per il Monte del'Ascensione  Foto © Alessandro Galloppa

La strada per il Monte del’Ascensione Foto © Alessandro Galloppa

Info utili

L’articolo è stato scritto da Alessandro Galloppa del Ponticello Trekking Viaggi. La foto di dopertina è di Giuliano Betti 

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